


In Aloners, Jin-ah (Gong Seung-yeon) lavora come operatrice telefonica presso un call center. Conducendo una vita solitaria, preferisce interagire formalmente con i clienti piuttosto che stringere rapporti umani. Dopo aver perso la madre, cerca di evitare il padre (Park Jung-hak) fedifrago, al quale cede la sua parte di eredità pur di non doverlo più vedere e sentire. Tuttavia, lo spia attraverso una videocamera. Intanto, a lavoro, la team leader (Kim Hae-na) le affianca Soo-jin (Jung Da-eun), una nuova risorsa da formare. Sebbene all’inizio Jin-ah mal sopporti la compagnia di Soo-jin, comprende col tempo quanto l’asocialità e l’indifferenza siano deleterie per lei. Lo capisce soprattutto quando il suo vicino (Kim Mo-beom) viene ritrovato morto in casa da giorni, ucciso dalla solitudine con cui si era barricato.

Titolo Originale
혼자 사는 사람들 (hon-ja sa-neun sa-ram-deul)
Genere
Drammatico
Regia e Sceneggiatura
Hong Sung-eun
Interpreti
Gong Seung-yeon, Jung Da-eun, Seo Hyun-woo, Kim Mo-beom, Kim Hae-na, Park Jung-hak, Byun Jin-soo, Jeong Seong-min, Park Dong-wook, Kim Hyeon-sik, Ahn Jeong-bin, Kim Gwi-rye
Corea del Sud, 2021, 90′

Gli Aloners di Hong Sung-eun sono al contempo vittime e carnefici delle proprie solitudini, alimentate dall’indifferenza e dallo stress della vita moderna.
La solitudine di Jin-ah, innescata da un padre che aveva abbandonato la propria famiglia e costruita con la propria indipendenza, trova terreno fertile nel suo lavoro. Non è un caso che Jin-ah sia l’operatrice più performante, al pari di un’intelligenza artificiale più consona alla mansione svolta, ad alto livello di alienazione. Tanto è schiva nei rapporti con i conoscenti, quanto è impeccabile nella gestione di clienti disumanizzanti (al limite del patologico) e disumanizzati, che sente ma non vede. Tramite finte scuse, frasi di cortesia e condiscendenza si estranea da conversazioni che potrebbero coinvolgerla emotivamente e renderla empatica. Così come invece accade a Soo-jin, giustamente turbata dal doversi scusare per non aver fatto niente, ma capace anche di instaurare un vero dialogo con chi è dall’atra parte della cornetta.
Il metodo di lavoro di Jin-ah si riflette nella sua vita (a)sociale, mediata da supporti tecnologici che le fanno ordinare il pranzo senza interagire con un cassiere o le consentono di spiare il padre. Inoltre, abita in una casa vuota, in cui concentra tutta la sua vita in un’unica stanza. Cucina, mangia e dorme in una camera da letto in cui la televisione è sempre accesa per distrarla dalla solitudine.
E solo quando il suo vicino di casa muore nell’indifferenza sua e di un mondo che l’ha trascurato e bullizzato, comincia a comprendere che occorre curarsi del prossimo.
E così spia sì il padre, ma per controllare che non muoia da solo. Inoltre confessa i suoi rimpianti da solitaria ravveduta in una struggente telefonata con Soo-jin, e vede nel nuovo vicino (Seo Hyun-woo) una speranza contro l’indifferenza, senza bisogno di una macchina del tempo che riporti ai Mondiali di Calcio del 2002, quando folle di sconosciuti si abbracciavano felici, esorcizzando le loro solitudini.
Da sottolineare l’ottima interpretazione di Gong Seung-yeon, giustamente premiata come Migliore Attrice al Festival di Torino. L’attrice è capace di mostrare i suoi turbamenti con semplici gesti o espressioni del volto realistiche e mai costruite. Riesce a immedesimare lo spettatore in un animo che cova inquietudine e finto menefreghismo nella sua riservatezza. Mentre la regia di Hong Sung-eun inserisce elegantemente momenti surreali (il fantasma? del vicino, il bip al telefono) e montaggi densi di significato (lo stacco dal cliente che urla a Soo-jin che nessuno noterebbe la sua assenza, al condominio degli “Aloners“).
Pubblicato il 13/07/2022 da KoreanWorld.it
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