





La Corea del Sud è passata nel giro di pochi anni dall’essere un paese sottosviluppato al diventare uno dei più tecnologicamente avanzati e all’avanguardia del pianeta. Questo miracolo economico è dovuto all’etica del duro lavoro insita nella cultura dei suoi abitanti e all’estremo spirito di competizione che il paese ha coltivato, producendo però effetti collaterali preoccupanti come una crescente disoccupazione, un sistema pensionistico inadeguato, diseguaglianze sociali e il più alto tasso di suicidi al mondo.



Genere
Documentario
Regia
Aline Hoorpah, Barbara Necek
Francia, 2016, 57′



Un campionato nazionale di videogiochi si svolge allo stadio olimpico di Seul. Il vincitore riceverà una ricompensa di € 100.000. Lo sfidante Smeb ha solo vent’anni e ha abbandonato gli studi per guadagnare cifre da capogiro diventando una star del videogaming. Così si apre questo documentario francese in cui viene presentata una famiglia che supporta il proprio figlio in un evento ludico che perderà. Ma nulla è compromesso. Smeb avrà occasioni per rifarsi e comunque non può dichiararsi fallito chi a vent’anni ha già guadagnato € 60.000.
Discorso diverso per chi non gode delle luci della ribalta e deve compiere il proprio dovere di studente e poi di lavoratore per affermarsi nel mondo con le unghie e con i denti a scapito della propria vita sociale che spesso si confonde con quella professionale.
Gli studenti sudcoreani dormono una media di 5 ore a notte. Il resto del tempo lo dedicano completamente allo studio a scuola, nei corsi serali, e a casa, dove devono fare i compiti fino all’una di notte. In classe hanno un banco speciale dove seguire le lezioni in piedi, per non rischiare di addormentarsi ed essere poi redarguiti dai propri genitori, a cui viene comunicata telematicamente e tempestivamente dall’insegnante la perdita di punti in graduatoria in seguito al pisolino sul banco, dovuto alla mancanza di sonno. Non stupisce che soprattutto fra i giovani vi sia di conseguenza un alto tasso di suicidi.
Gli impiegati della Hyundai lavorano più di 60 ore a settimana con solo 10 giorni di ferie all’anno e la società predispone per i propri dipendenti sedie con massaggio e stanze per riposare. Ma è un ritmo frenetico che se andava bene negli anni 60 per risollevare un paese distrutto dalla guerra, oggi non provoca effetti positivi nell’efficienza, poiché la Corea del Sud risulta essere tra i meno produttivi tra i paesi sviluppati.
Invece a Pohang, gli operai della Posco, il quarto produttore di acciaio al mondo, non solo lavorano ore di straordinari senza (voler) essere pagati, ma addirittura mettono di tasca propria i soldi per coprire le spese del volontariato da svolgere nel tempo libero che la Posco impone loro guadagnandoci in pubblicità. E per gli operai è un ottimo affare, visto che la società permette loro di comprarsi una casa a €55.000 e di vivere in un quartiere dove tutto è proprietà della Posco.
Samsung, LG, Hyundai, sono solo alcune delle multinazionali che negli ultimi anni sono entrate a far parte delle nostre vite e sono il prodotto di un paese di 50 milioni di abitanti, di cui la metà nella sola megalopoli di Seul, che con 30 milioni di cellulari è il paese più connesso al mondo. Ed è anche il paese più controverso in merito al rapporto tra etica e tecnologia. La clonazione di animali domestici, anche se ad uso di una ristretta elite, è una realtà consolidata che provoca perplessità solo all’estero. Mentre la chirurgia estetica è talmente diffusa che viene sfruttata soprattutto dai giovani che vogliono giocare la carta della bella presenza durante i colloqui di lavoro, difficilissimi da superare.
Il quadro generale che ne esce è di un paese che è disposto anche a pagare a peso d’oro uno sciamano pur di avere successo e che investe tutto sullo studio e sul lavoro, creando progresso a ritmi talmente elevati da dimenticare chi non riesce a stare al passo o viene lasciato indietro, soprattutto gli anziani, costretti a lavorare anche dopo aver raggiunto l’età pensionabile sia per motivi culturali (se gli anziani prima vivevano a casa dei figli, ora con la modernizzazione sono lasciati a loro stessi), sia per motivi economici (il governo ha istituito il sistema pensionistico solo negli anni 80, col risultato che gli anziani di oggi hanno potuto versare pochi contributi e ora ricevono una misera pensione minima di € 300).
Nonostante gli argomenti trattati di sicuro interesse, il documentario più che limitarsi ad osservare, pecca di una certa ambiguità nei giudizi di valore. Ad esempio, non si capisce se l’intervento chirurgico sia considerato utile o meno all’assunzione.
Pubblicato il 13/09/2020 da KoreanWorld.it
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