


L’agente segreto nordcoreano Carter (Joo Won) si risveglia in una stanza d’hotel senza ricordarsi nulla della propria identità. La voce della compagna Han Jung-hee (Jung So-ri) lo guida nella sua missione: strappare Ha-na (Kim Bo-min) alla CIA. Quest’ultima, figlia del dottor Jeong Byeong-ho (Jung Jae-young), è l’unica a possedere gli anticorpi contro il virus DMZ, che sta devastando la Corea del Nord. Anche la figlia di Carter è stata contagiata dal virus, e per salvarla l’agente deve ingaggiare una lotta contro il tempo.

Titolo Originale
카터 (ka-teo)
Genere
Azione
Regia
Jung Byung-gil
Sceneggiatura
Jung Byeong-sik, Jung Byung-gil
Interpreti
Joo Won, Lee Sung-jae, Jung So-ri, Kim Bo-min, Jung Jae-young, Jung Hae-kyun, Wang Jong-myung, Byeon Seo-yun
Corea del Sud, 2022, 133′

Tecnicamente ambizioso, quanto narrativamente confuso e approssimativo, Carter è un unico (finto) piano sequenza che sperimenta nuove frontiere per l’action.
Già con The Villainess, Jung Byung-gil aveva attirato l’attenzione del pubblico internazionale soprattutto per una lunga scena in soggettiva in stile Doom. Con Carter il regista sudcoreano si spinge ancora più oltre, montando un unico piano sequenza dall’inizio alla fine del film. Tale soluzione era già stata provata da Song Il-gon per il suo Magicians, con la differenza che qui siamo di fronte a un action frenetico e ipercinetico.
Apprezzabile non è tanto il piano sequenza in sé, ma le svariate tecniche adottate per simularlo, in modo da risultare accattivante e spettacolare. Si va dalla ripresa di un dettaglio monocromatico, debitore di Nodo alla gola di Hitchcock, al raccordo di un evento del presente con un altro simile del passato (Jung-hee alla guida della jeep, il primo piano del volto della figlia di Carter). Le cineprese poi si muovono fluide tra soggettive, punti di vista dello spettatore, campi lunghi, slow motion, zoom in e out, senza mai perdere continuità.
Ovviamente vi sono punti in cui è facile smascherare il trucco (repentini cambi di tonalità di colore, quasi impercettibili cambi di posizione di alcuni dettagli tra una scena e l’altra). Ma il ritmo incalzante del film lascia spazio per accorgersene (a queste ed altre ingenuità nelle interpretazioni delle comparse o nell’uso approssimativo della CGI) solo agli occhi più attenti.
Ipercinetico si diceva, ma anche ipertrofico.
Non c’è nulla sul piano dell’action che in Carter non sia esperito: corse in moto, fughe tra palazzi, lotte su aerei e in caduta libera, su treni e elicotteri. Sono tutti tasselli che servono a movimentare lo spettacolo, come dichiara un personaggio. Peccato che tale affermazione sia rivolta più che altro al punto debole del film, ovvero a una trama, anch’essa complessa e articolata, ma tremendamente confusa e pasticciata.
Colpi di stato di agenti deviati del Nord, interessi della CIA, e onnipresenti sogni di riunificazione vengono tutti frullati anch’essi nel piano sequenza, tanto che è difficile ricostruire il background di Michael Bane/Carter o comprendere le sue scelte, come ad esempio perdere la memoria per non rivelare segreti di stato in caso di cattura. Inoltre l’espediente del virus sfrutta l’ondata del successo degli zombie movie, mostrando però infetti che inverosimilmente imbracciano armi, mossi solo dall’intento di annientare chiunque. A meno che si sia di fronte all’unica persona che abbia gli anticorpi, e come per magia gli zombi la evitano.
Tuttavia Carter (il personaggio ma anche il film) corre come un treno, e per quanto la trama richieda un grande sforzo di sospensione dell’incredulità, si viene ripagati da più di due ore di instancabile azione che tiene incollati allo schermo. E persino il finale lascia con il fiato sospeso, segno che il piano sequenza continua oltre il suo termine.
Pubblicato il 06/08/2022 da KoreanWorld.it
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