

The Other Side of the Mountain racconta la storia di Il-gyu (Kim Ryong-min), che durante la Guerra di Corea viene gravemente ferito a Chonam, in Corea del Nord. A prestargli le dovute cure e a salvarlo accorre Son-a (Ri Hyang-suk), una nordcoreana ignara del fatto che Il-gyu sia un soldato sudcoreano. I due finiscono con l’innamorarsi, ma Il-gyu, una volta guarito, si reca a Seul per incontrare la madre e portarla a Chonam. Durante il suo viaggio però, Il-gyu apprende di atrocità commesse dall’esercito statunitense nel suo paese natale. Subisce inoltre la detenzione in carcere da parte dell’esercito sudcoreano che lo ritiene una spia. Gli anni trascorrono, e mentre Il-gyu, una volta liberato, si rifà un vita ad Amsterdam, Son-a l’aspetta ancora.

Genere
Melodramma, Storico
Regia
Jang In-hak
Sceneggiatura
Joon Bai
Interpreti
Kim Ryong-min, Ri Hyang-suk, Sin Myong-uk, Kim Jong-gwang, Pak Jong-taek, Jo Sun-im, Kim Hyon-a, Ko Jin-byol
Corea del Nord, 2012, 103′

Nonostante lo sceneggiatore Joon Bai sia un nordcoreano fuggito in Corea del Sud e in seguito immigrato negli Stati Uniti, The Other Side of the Mountain è un film che poco si discosta dalla produzione propagandistica del regime di Pyongyang.
Di diverso rispetto al solito, si nota una regia più matura, soprattutto nella rappresentazione degli eventi bellici. Ci sono poi i temi dei ricongiungimenti familiari tra Sud e Nord e della riunificazione, quest’ultimo di certo inflazionato nella cinematografia nordcoreana, ma ha un sapore meno propagandistico del solito. A non mancare in questo senso vi è invece la visione manichea degli yankee che portano ovunque morte e orrore, e dei sudcoreani che torturano e coscrivono con la forza. Mentre l’abbacinante Pyongyang riempie di gioia il protagonista, e tutti fanno festa nell’apprendere dalla radio le grandi conquiste dell’esercito nordcoreano.
Non può poi mancare il ricordo del movimento indipendentista che ha lottato contro il colonialismo giapponese, nemico storico di entrambe le Coree. Stantii e ripetitivi non sono solo gli argomenti, ma anche un modo di fare cinema che per povertà di mezzi (non se ne può fare una colpa) e chiusura al mondo, non riesce proprio a stare al passo coi tempi. E chissà fino a quando gli attori continueranno a doppiarsi invece di recitare in presa diretta, con un tono meno enfatico e affettato.
Pubblicato il 20/09/2021 da KoreanWorld.it
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