

In Ari Ari the Korean Cinema, il regista Heo Chul segue interviste e confronti con protagonisti del mondo del Cinema Coreano ad opera del regista Chung Ji-young e dell’attrice Yoon Jin-seo. Nel loro viaggio attraverso il passato, il presente e il futuro del cinema coreano, riflettono sulle peculiarità di un’industria che ha conosciuto alti e bassi e che ha ancora molto da dire.

Titolo Originale
영화판 (yeong-hwa-pan)
Genere
Documentario
Regia
Heo Chul
Sceneggiatura
Chung Ji-young, Heo Chul
Interpreti
Yoon Jin-seo, Chung Ji-young, Im Kwon-taek, Kim Hye-soo, Lee Chang-dong, Moon So-ri, Lee Choon-yun, Ahn Sung-ki, Park Joong-hoon, Bong Joon-ho, Kang Soo-yeon
Corea del Sud, 2011, 110′

Ari Ari the Korean Cinema è un compendio di tutto ciò che concerne il Cinema Coreano dall’epoca d’oro degli anni 60 fino al 2011.
E non c’è modo migliore di raccontarlo se non coinvolgendo chi quel Cinema ha contribuito a crearlo. Ad essere interpellati sono attori come Park Joong-hoon e Ahn Sung-ki, che ricordano aneddoti di un Cinema che sapeva arrangiarsi con i mezzi di cui disponeva. Mentre attrici come Moon So-ri e Kim Hye-soo e registe come Yim Soon-rye e Byeon Yeong-joo discutono dell’evoluzione del ruolo della donna nel Chungmuro.
Vi è poi un continuo confronto tra l’epoca d’oro degli anni 60 e i periodi successivi. Con le dittature di Park Chung-hee negli anni 70 e Chun Doo-hwan negli anni 80, si passò a un sistema censorio che diminuì drasticamente la produzione. Tuttavia ciò rese possibile la creazione di capolavori che nacquero proprio dall’urgenza di reagire a quel clima oppressivo.
Se negli anni precedenti vigeva una censura politica, dagli anni 90 in poi si assistette a una censura di mercato.
A decidere cosa e come produrre non erano più le solite case di produzioni locali, ma grandi multinazionali che finanziavano e distribuivano solo potenziali successi al botteghino. In tal modo, registi veterani o indipendenti erano praticamente tagliati fuori da ogni prospettiva di lavoro.
A peggiorare la situazione ci fu la decisione politica di aumentare la quota di film hollywoodiani da distribuire nelle sale, a scapito delle produzioni locali. Ciò nonostante, le proteste di tutte le maestranze del Cinema coreano portarono a una più equa distribuzione delle produzioni locali nelle sale.
Nonostante le legittime preoccupazioni per un cinema sempre più legato ai trend e meno all’urgenza di dire qualcosa, cineasti come Kim Ki-duk (come al solito ignorato in patria) e Bong Joon-ho avrebbero di lì a poco confermato uno stato di grazia per tutto il movimento, che pare ad oggi (con i successi cannensi di Park Chan-wook e Song Kang-ho) non esaurirsi.
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Pubblicato il 12/06/2022 da KoreanWorld.it
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