


In Intruder, Kim Moo-yul è Seo-jin, un architetto che ha da poco perso la moglie in un’incidente stradale. Per questo motivo soffre di attacchi di panico. Un giorno riceve una telefonata da parte di un istituto religioso che lo informa del ritrovamento di Yoo-jin (Song Ji-hyo), la sorella che aveva smarrito da bambino, lasciando in lui e nella propria famiglia un senso di colpa mai superato. Yoo-jin si trasferisce subito a casa dei suoi genitori, restituendo il sorriso a tutti, tranne che a Seo-jin, sospettoso dei modi affabili della donna.

Titolo Originale
침입자 (chim-ib-ja)
Genere
Thriller
Regia e Sceneggiatura
Sohn Won-pyung
Interpreti:
Song Ji-hyo, Kim Moo-yul
Corea del Sud, 2019, 102′

Il thriller d’esordio Intruder della regista Sohn Won-pyung inizia con un attacco di panico del protagonista, che anticipa nella sua visione allucinatoria la causa del suo tormento. Scopriamo infatti che il senso di colpa per aver abbandonato la propria sorella si lega al senso di colpa per non aver ascoltato la moglie, svelato verso la fine con l’ipnosi.
Questa presentazione induce nello spettatore delle sensazioni ambivalenti. Se da un lato, porta lo spettatore ad immedesimarsi con il protagonista, che lotta impotente contro la mistificazione della realtà ad opera dell’intrusa, dall’altro insinua dubbi sulla sua moralità (come fratello, come marito e come padre), non sempre integerrima, e sulla sua percezione della realtà, alterata dalla mancata assunzione di psicofarmaci.
Ma è un dubbio momentaneo poiché, che la Yoo-jin di Song Ji-hyo nasconda dei secondi fini è lapalissiano. L’enigma, in questo caso, sta nel discernere quali siano questi fini.
Ed è proprio nel momento della rivelazione di ciò che ha realmente in mente Yoo-jin, che la sceneggiatura, fino a quel punto inappuntabile, mostra il suo tallone d’Achille, disperdendo il potenziale del thriller psicologico nel complotto di una setta, che suscita più perplessità che sorprese. Innanzitutto, Ye-na (Park Min-ha) parla di Ha-yeon come se la conoscesse, ma dove quest’ultima sia è un mistero. Secondo poi, lo psicoterapeuta, pur essendo in combutta con la setta, aiuta Seo-jin a recuperare la memoria. Inoltre, i continui flashback sono più ridondanti che esplicativi, e non fanno altro che sottolineare l’ovvio.
Tuttavia, in Intruder la tensione resta sempre alta in quanto, come afferma Yoo-jin, Seo-jin è già all’inferno. Lavora duramente per la famiglia ma nessuno lo ascolta, nessuno prende le sue parti, e tutti vogliono che se ne vada. Come se non bastasse, il detective, ovvero l’unico individuo non compromesso con la setta e di cui si può quindi fidare, non gli crede.
Alla fine, come da manuale, il thriller lascia dubbi che svaniscono in un distruggidocumenti, un po’ per lasciar sperare la madre in un possibile ritorno della figlia, un po’ per evitare di pensare di aver lasciato la mano della sorella per la seconda volta e ricominciare a vivere.
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Pubblicato il 25/10/2020 da KoreanWorld.it
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