


In The Moon è il 2029 e l’agenzia spaziale coreana (KSCA) manda sulla luna il secondo equipaggio a mettervi piede nella storia. Tuttavia, a causa di un tempesta solare, un cortocircuito fa esplodere uno dei pannelli solari del modulo lunare, provocando la morte di due astronauti. L’unico a sopravvivere è l’ex SEAL Hwang Seon-woo (Do Kyung-soo), che preferisce sbarcare sulla superficie lunare, piuttosto che attendere improbabili soccorsi. Al fine di aiutarlo, viene richiamato Kim Jae-gook (Sol Kyung-gu), l’ex direttore del KSCA che cinque anni prima aveva guidato un’altra missione fallimentare in cui persero la vita altri astronauti.
Dapprima restio a farsi coinvolgere, Jae-gook cambia idea non appena viene a sapere che l’astronauta da aiutare è il figlio del suo defunto collega Hwang Gyoo-tae (Lee Sung-min). Nonostante Seon-woo riesca ad atterrare sulla luna, questa viene investita da una pioggia di meteoriti. Gli unici che potrebbero trarlo in salvo sono gli astronauti della Nasa all’interno della stazione orbitante attorno alla luna. Ma la responsabile della Nasa Yoon Moon-yeong (Kim Hee-ae), ex moglie di Jae-gook, non può intervenire, poiché la pioggia di meteoriti metterebbe a rischio l’equipaggio della stazione spaziale.

Titolo Originale
더 문 (deo mun)
Genere
Fantascienza
Regia
Kim Yong-hwa
Sceneggiatura
Kim Yong-hwa, Park Hee-gang
Interpreti
Sol Kyung-gu, Do Kyung-soo, Park Byung-eun, Jo Han-chul, Choi Byung-mo, Hong Seung-hee, Kim Hee-ae, Lee Sung-min, Kim Rae-won, Lee Yi-kyung, Choi Jung-woo, Brad Little, Paul De Havilland
Corea del Sud, 2021, 129′

Sci-fi dalla scrittura e dall’effettistica altalenante, The Moon contiene in sé tutte le caratteristiche del blockbuster “hallyuwoodiano”, tra eroismo e melodramma patriottico.
Dopotutto dal regista del franchise Along With the Gods non si può pretendere altro. Ma visti i buoni risultati raggiunti con The Silent Sea, ci si poteva aspettare di meglio, almeno dal punto di vista estetico. Non che gli effetti speciali siano particolarmente dozzinali, e nessuno chiede una cura dei particolari a livello di Gravity, ma la sospensione dell’incredulità fatica ad attecchire. Sin dall’incipit in mockumentary e dall’utilizzo di cinghiali in vistosa CGI, infatti tutto sembra posticcio.
E a incollare allo schermo lo spettatore non sono tanto scenografie lunari e catastrofi spaziali, comunque di discreto livello, ma una sceneggiatura che si sviluppa fluidamente tra melodrammi personali e risoluzioni al limite dell’impossibile. La regia poi non disdegna l’eleganza, quando alterna flashback e flashforward in momenti topici che paragonano situazioni del passato alle corrispettive del presente. Tuttavia anche la scrittura pecca di ingenuità clamorose. Se ad esempio gli astronauti della stazione orbitante soccorrono Seon-woo sulla luna, cosa li ha trattenuti in passato dal compiere il secondo allunaggio della storia?
Ad ogni modo a far storcere il naso più di tutto è l’impianto melodrammatico e nazionalista-internazionalista del film. Per quanto sia interessante denotare la sempre immancabile insofferenza del partner sudcoreano alla dipendenza dalle decisioni degli Stati Uniti, ogni crisi si dirime con una semplice mozione degli affetti. E così Seon-woo reagisce venendo a sapere la verità sul padre, gli astronauti della Nasa obbediscono al cuore, e la piccola ma intraprendente Corea, per voce del suo presidente, promuove la collaborazione internazionale per il bene del futuro del pianeta.
Pubblicato il 10/11/2023 da KoreanWorld.it
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