


In Magic Hour Kim Nam-woo (Park In-hwan) è un anziano fotografo che si ostina a gestire un’attività senza futuro a causa dello sviluppo tecnologico che ha soppiantato la pellicola. Ma a causa dell’incedere del morbo di Parkinson, Nam-woo decide di cedere il suo negozio al figlio Jong-ha (Jung Eun-chan), che intende convertirlo in un panificio. Prima di morire però, Nam-woo desidera consegnare le foto a quei pochi clienti che non sono mai passati da lui a reclamarle. Intraprende così un viaggio che lo porta tra l’altro a conoscere l’imbonitore Dal-joo (Nam Kyung-eup) e la libraia Eun-nyeo (Oh Mi-hee), con i quali stringe una forte amicizia.

Titolo Originale
푸른노을 (pu-reun-no-eul)
Genere
Drammatico
Regia
Park Gyoo-sik
Sceneggiatura
Kim Tae-gon
Interpreti
Park In-hwan, Oh Mi-hee, Nam Kyung-eup, Choi Yoo-ha, Han Tae-il, Jung Eun-chan, Han Da-eun, Lee Jae-yong-II, Kim Hyeon-sook, Seo Myung-chan, Kwon Oh-jin, Park Myung-shin, Kim Young-seo
Corea del Sud, 2017, 90′

Magic Hour pone in campo diversi argomenti relativi alla terza età, ma il regista Park Gyoo-sik preferisce non approfondirli, in favore di un approccio melodrammatico e melenso.
Eppure inizialmente il film sembra quasi denunciare lo stato impietoso in cui versano gli anziani in Corea del Sud. Un servizio al telegiornale mostra infatti una madre abbandonata dai propri figli, impegnati a costruirsi una vita propria, e dal sistema pensionistico, che la costringe a barcamenarsi come robivecchi pur di sopravvivere. Un destino simile capita a Nam-woo, il cui figlio è impegnato a sistemarsi, e vede l’anziano padre come un ostacolo al suo progetto di vita.
Inoltre Nam-woo porta sulle spalle non solo il senso di colpa per la sua vedovanza, ma anche il peso di una malattia degenerativa. A ciò si aggiunge poi il senso di inutilità che coinvolge ogni generazione rispetto alle precedenti. In un’epoca digitale non ha più senso per Nam-woo sviluppare fotografie su pellicola. E anche i suoi compagni di viaggio condividono con lui la sensazione di essere ormai relegati a un passato non più in linea con il presente.
Nonostante tutto, Nam-woo vuole rendersi utile per un’ultima volta, donando ai suoi clienti attimi di verità (o presunta tale) attraverso le fotografie scattate. E senza volerlo riesce ad essere determinante nella scelta familista di Dal-joo. Così com’è fondamentale il suo apporto nel convincere Eun-nyeo ad entrare nel locale dove lavora la figlia che aveva abbandonato.
A stonare però sono alcuni scelte melodrammatiche superflue, se non addirittura dannose.
A cominciare dalla storia di Yong-soo e della moglie. Se il primo venera un padre che ha conosciuto una sola volta, la seconda viene presentata come una donna incinta su cui la sceneggiatura infierisce. Per quanto riguarda Nam-woo poi, tanto è esagerato il suicidio della moglie per mancanza di fiducia, quanto è ostentato il suo tentativo di annegare in mare. Ma ad essere totalmente fuori luogo è la svolta romantica finale, in quanto una comprensibile amicizia sfocia in una storia d’amore melensa e sterile.
Pubblicato il 19/06/2021 da KoreanWorld.it
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.