


In The King’s Letters il Re Sejong (Song Kang-ho) è determinato a creare un alfabeto coreano tramite il quale il popolo di Joseon possa esprimersi. Ma i suoi ministri preferiscono continuare ad utilizzare i caratteri cinesi per mantenere il potere, in quanto unici depositari della lingua dell’impero cinese, verso cui sono devoti. Al fine di realizzare il suo sogno, Sejong invita a palazzo dei monaci buddisti, tra cui Sin-mi (Park Hae-il), esperto di caratteri alfabetici. La presenza dei monaci buddisti nel palazzo reale urta ulteriormente i ministri, che vedono in ciò un affronto verso la dottrina confuciana su cui si erge il regno di Joseon.

Titolo Originale
나랏말싸미 (na-rat-mal-ssa-mi)
Regia
Jo Cheol-hyeon
Sceneggiatura
Jo Cheol-hyeon, Lee Song-won
Interpreti:
Song Kang-ho, Park Hae-il, Jeon Mi-sun, Kim Jun-han, Cha Rae-hyung, Yoon Jung-il, Tang Joon-sang, Keum Sae-rok, Choi Deok-moon, Nam Moon-chul, Jung Hae-kyun, Park Dong-hyeok
Corea del Sud, 2018, 110′

Quattro anni dopo The Throne, lo sceneggiatore Jo Cheol-hyeon collabora di nuovo con Song Kang-ho nel suo debutto alla regia, The King’s Letters.
Al fianco di Song ritroviamo Park Hae-il e Jeon Mi-sun, con i quali il celebre attore di Parasite aveva già recitato insieme in Memories of Murder. Purtroppo The King’s Letters segna il capolinea della carriera di Jeon Mi-sun, venuta a mancare in seguito a un apparente suicidio. E forse anche per questo motivo l’uscita di scena del suo personaggio nel film avviene in maniera brusca, senza scene di raccordo in fase di postproduzione.
Come tutti i film storici ambientati in periodo Joseon, The King’s Letters tende ad esaltare agiograficamente la figura dell’eroe nazionale di turno. Ogni azione del Re Sjong è dettata infatti da un sentito patriottismo. Se da un parte egli intende difendere il “tripitaka” dalle mire dei monaci giapponesi, in quanto vede nella sua consegna i prodromi di future concessioni ben più ampie, dall’altra vede nell’esigenza di un alfabeto nazionale la possibilità di affrancarsi dall’ingerenza di un impero cinese che li rende schiavi con l’ignoranza. Tuttavia, il Re Sejong di Song Kang-ho viene presentato come un monarca saggio ma malato, e contrastato sia dai suoi ministri che dai monaci buddisti. Talmente è debole, che riesce a realizzare il suo obiettivo solo attraverso compromessi che scontentano sia l’una che l’altra fazione.
Ad essere interessante in The King’s Letters, ad ogni modo, non sono tanto le ataviche rivendicazioni d’indipendenza dalle potenze straniere o l’intolleranza del confucianesimo verso la dottrina buddista. Ciò che affascina è proprio il processo di creazione dell’alfabeto, che si struttura in base alle direttrici della fonetica, dell’anatomia, della geometria, della musica, e perché no, anche dell’astronomia.
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Pubblicato il 29/05/2021 da KoreanWorld.it
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