


Il primo aprile del 1919 (primo marzo del calendario lunare), presso il mercato mercato Aunae di Byeongcheon, una folla di cittadini manifesta inneggiando all’indipendenza, scatenando la dura rappresaglia dell’esercito giapponese. La giovane attivista Yu Gwan-sun (Go Ah-sung), tra le organizzatrici del “Movimento 1 marzo”, viene arrestata subito dopo aver visto trucidare i propri genitori davanti i suoi occhi. Dopo essere stata condannata a cinque anni di prigione, viene rinchiusa nel carcere di Seodaemun insieme ad altre manifestanti, tra cui la kisaeng Kim Hyang-hwa (Kim Sae-byuk). Nonostante le umiliazioni e le torture subite dagli aguzzini nipponici, Yu Gwan-sun non rinuncia a protestare per l’indipendenza del proprio paese.

Titolo Originale
항거: 유관순 이야기 (hwang-geo: yu-kwan-sun i-ya-gi)
Genere
Drammatico, Storico
Regia e Sceneggiatura
Jo Min-ho
Interpreti
Go Ah-sung, Kim Sae-byuk,
Kim Ye-eun, Jeong Ha-dam,
Ryu Kyung-soo, Kim Nam-jin,
Kim Ji-seong, Lee Sung-won,
Sim Tae-yeong, Choi Il-soon,
Lee Yeong-seok, Lee Soo-yeon,
Choi Moo-sung, Oh Ji-yeong,
Ha Sung-kwang, Im Ja-hye
Corea del Sud, 2019, 105′

Dal primo marzo 2019 dilagarono a Seul continue proteste nazionali per l’indipendenza dal dominio giapponese che durarono per 2 mesi. In questo lasso di tempo 7500 manifestanti furono uccisi e 47000 arrestati, tra cui la protagonista del biopic di Jo Min-ho, una patriota che con la sua resistenza e il suo martirio assurse a simbolo della lotta per l’indipendenza.
Esclusi brevi flashback che narrano l’antefatto, dove la pellicola si colora momentaneamente, il regista racconta il periodo della detenzione optando per un bianco e nero plumbeo che risalti il clima di oppressione subito dalla protagonista, umiliata, isolata, seviziata, e costretta a condividere una singola cella con decine di altre detenute, che camminano incessantemente in tondo come zombi per evitare gonfiori alle gambe. La cella è però anche il luogo solidale dove le donne per rinfrancare il loro spirito cantano l’arirang, si abbracciano per riscaldarsi durante l’inverno rigido cedendo un po’ del cotone delle loro vesti per imbottire il vestitino del figlio appena nato di una di loro, e soprattutto è il cuore della resistenza da cui si propaga come un’onda la ribellione, oltrepassando sbarre e muri di cinta.
A differenza delle sue compagne di cella, mosse da ragioni più pragmatiche, Yu Gwan-sun è un’idealista, e per la causa in cui crede s’immola pur sapendo a cosa andrà incontro. Il guardiano Jeong Choon-yeong (Ryu Kyung-soo) la invita a far di tutto per sopravvivere, ma per lei una vita senza libertà non è degna di essere vissuta, e non è certo libero lui, semplice opportunista che non fa quello che vuole, ma quello che gli ordinano i suoi schiavisti giapponesi. Ad ogni modo Gwan-sun non si spezza, è già libera, perché pur essendo detenuta non si sente tale.
Dopo che tutte le sue compagne sono state rilasciate grazie ad un’amnistia generale proclamata dal governatore generale giapponese in seguito al matrimonio tra il Principe Lee e la Regina Nashimoto Masako, Yu Gwan-sun prosegue stoicamente il suo sciopero della fame, e solo per questioni fisiche il suo corpo non sopravvivrà al suo spirito indomito, che abbandonerà il colore della resistenza per abbracciare quello del retaggio.
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Pubblicato il 08/10/2020 da KoreanWorld.it
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