


In The Call, Seo-yeon (Park Shin-hye) torna nella sua casa di provincia per stare vicino alla madre (Kim Sung-ryung), ricoverata in ospedale a causa di un tumore. Avendo perso il proprio smartphone sul treno, Seo-yeon recupera un vecchio telefono cordless riposto nelle cianfrusaglie per chiamare il proprio numero. Ma a rispondergli è una donna che la ricatta per restituirglielo. Subito dopo riceve sul cordless la chiamata di Yeong-sook (Jun Jong-seo), una ragazza che le chiede di salvarla dalle torture della propria matrigna (Lee El). Con il susseguirsi delle telefonate entrambe realizzano di stare comunicando dalla stessa casa, anche se a vent’anni di distanza.

Titolo Originale
콜 (kol)
Regia
Lee Chung-hyun
Sceneggiatura
Kang Sun-joo, Lee Chung-hyun
Interpreti
Park Shin-hye, Jun Jong-seo, Kim Sung-ryung, Lee El, Park Ho-san, Oh Jung-se, Lee Dong-hwi, Um Chae-young
Corea del Sud, 2020, 112′

Dopo Time to Hunt tocca a The Call saltare completamente la proiezione nelle sale per via della pandemia di COVID-19 e ricevere comunque un’attenzione globale grazie alla distribuzione su Netflix. La scelta, per quanto obbligata e fortunata possa rivelarsi, penalizza ad ogni modo l’esperienza visiva che il regista esordiente Lee Chung-hyun riesce a trasporre.
Memore di Frequency di Gregory Hoblit e soprattutto del conterraneo Ditto di Kim Jeong-kwon, il regista porta in scena di nuovo il dilemma spazio-temporale tra due protagonisti che comunicano nello stesso luogo ma in tempi diversi.
Ma stavolta non siamo di fronte a un melodramma fantasy. Siamo più che altro al cospetto di un thriller mozzafiato ricco di colpi di scena, sebbene alcuni siano prevedibili, altri inspiegabili e altri ancora ingenui. Come ad esempio la richiesta di informazioni di Seo-yeon sulle sorti del padre, che dovrebbe conoscere, avendole appurate da bambina con i suoi stessi occhi. Mentre spiccano per ingegnosità creativa le soluzioni visive adottate per rappresentare il cambio in corso degli eventi. In questo modo Seo-yeon è l’unica testimone di una linea temporale che cambia a seconda delle modifiche che lei stessa apporta.
Lungi dall’essere accomodante, The Call si rivela essere sottilmente spietato. In fondo, colpevole del proprio danno è la stessa protagonista. Non solo è rea inconsapevole di aver liberato un mostro, ma ha anche condannato a un destino beffardo la madre, il padre (quest’ultimo per ben due volte) e perfino se stessa.
Per Park Shin-hye quello su Netflix è un lieto ritorno dopo l’exploit di #Alive, che la consacra come uno dei volti del cinema coreano più conosciuti al mondo. Mentre a Lee El e Kim Sung-ryung vengono assegnati i ruoli delle madri malgiudicate. Ma a brillare del proprio talento è soprattutto un’ottima Jun Jong-seo, che conferma dopo il debutto con Burning di Lee Chang-dong, una versatilità impressionante e un fascino naturale.
Pubblicato il 28/11/2020 da KoreanWorld.it
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