


Dopo essersi arruolato nell’Esercito per adempiere alla leva obbligatoria, Ahn Joon-ho (Jung Hae-in) entra a far parte della D.P.. Quest’ultima, diretta dal sergente Park Beom-goo (Kim Sung-kyun), si occupa di catturare i soldati disertori per conto della polizia militare. Durante la sua prima missione, Joon-ho fallisce nel recupero di un disertore che si suicida. Nonostante ciò, il nuovo attendente Im Ji-seop (Son Sukku) valuta positivamente il suo senso di colpa e gli dà una seconda occasione. Così, insieme al caporale Han Ho-yeol (Koo Kyo-hwan), Ahn Joon-ho comincia ad arrestare i disertori. Ma ben presto si rende conto che la diserzione nasconde cause endemiche alla società militare e civile coreana.

Titolo Originale
D.P. (D.P.)
Genere
Drammatico, Serie TV, Poliziesco
Regia
Han Jun-hee
Sceneggiatura
Han Jun-hee, Kim Bo-tong
Interpreti
Jung Hae-in, Koo Kyo-hwan, Kim Sung-kyun, Son Sukku, Cho Hyun-chul, Shin Seung-ho, Hong Kyung, Kim Dong-young, Lee Jun-young, Choi Joon-young, Won Ji-an, Lee Seol, Go Kyung-pyo
Corea del Sud, 2021, 6 episodi

Tratto dall’omonimo popolare webtoon di Kim Bo-tong, D.P. riesce a coniugare la natura episodica di una serialità televisiva fondata sull’intrattenimento a una critica pungente della società coreana.
D’altronde l’incipit non lascia dubbi su cosa verterà la serie. Un soldato ne maltratta un altro costringendolo a sbattere la nuca contro un chiodo. All’atto di bullismo iniziale corrisponde poi una reazione altrettanto scioccante nella chiusa del finale di stagione. È dunque il tema della prevaricazione in ambito militare (e non solo) a caratterizzare i sei episodi di D.P.
Già Yun Jong-bin con il suo splendido The Unforgiven aveva gettato uno sguardo impietoso su un sistema militare oppressivo e deleterio per la gioventù maschile coreana. Han Jun-hee ne amplia la prospettiva, complice il minutaggio più esteso che gli consente di sviscerare ogni aspetto dell’argomento.
Innanzitutto sotto accusa è un sistema sociale confuciano che declina i rapporti sociali (perfino la coniugazione dei verbi) in base alla deferenza a ogni livello.
Emblematico da questo punto di vista il destino di Hwang Jang-soo (Shin Seung-ho), che nell’Esercito può interpretare il bullo, mentre da civile deve subire i rimbrotti del suo datore di lavoro. Ma all’interno dell’istituzione militare non sono solo i soldati a recitare i ruoli di prede e predatori. Perfino i rapporti tra i superiori, tra Beom-goo e Ji-seop, e tra questi e il generale (Hyun Bong-sik), sono governati da logiche di soggezione in base alla posizione gerarchica.
In un ambiente del genere la gentilezza e il rispetto reciproco non hanno cittadinanza, come risulta dalla vicenda di Jo Seok-bong (Cho Hyun-chul). Webtoonista (come l’autore di D.P.) nerd, Seok-bong subisce umiliazioni che nessuna scusa può compensare. Solo il riconoscere che il suo aguzzino possa provare paura per lui riesce a sollevarlo, poiché è la paura a determinare i rapporti di forza.
Che il tema sia scottante lo dichiara anche la Presidente Park Geun-hye, che in televisione afferma quanto sia necessario garantire i diritti umani nell’Esercito. Tuttavia ciò che mette in luce la serie è che il problema è talmente sistemico da non poter essere debellato con una dichiarazione d’intenti. Inoltre, non sono i soldati a doversi adattare alla vita militare (come la società si aspetta), ma è quest’ultima a dover stare al passo coi tempi.
Occorre quindi cambiare una mentalità retrograda incancrenita nel sistema sociale, mandando a processo, non nascondendo, le pratiche di bullismo, altrimenti le vittime, per disperazione, o periscono o sono costrette a “fare almeno qualcosa” per reagire.
Dal canto loro, i quadri militari non possono semplicemente sfinire i propri soldati per distrarli dalla noia, tra le fonti del problema, o non processare gli atti di bullismo perché altrimenti l’Esercito s’indebolirebbe.
In merito alLa struttura narrativa, questa sembra essere più quella di un telefilm, anziché di una miniserie.
Infatti, anche se vi è un continuum narrativo incentrato sul tema del bullismo, ogni episodio è autoconclusivo e racconta una diserzione di matrice diversa dall’altra. Vi è ad esempio chi diserta perché semplicemente insofferente all’ambiente militare, o chi fugge per trovare la somma necessaria per ricoverare la nonna in una casa di riposo. In tal modo i due protagonisti finiscono per apparire improbabili detective in erba, a meno che in Corea le reclute possano svolgere missioni di tale portata.
Tuttavia Jung Hae-in e Koo Kyo-hwan riescono a trovare una loro alchimia funzionale alla narrazione. E soprattutto il primo interpreta un personaggio ben caratterizzato. Lotta soprattutto contro se stesso (la scena della scazzottata con il caporale Park Sung-woo) e i suoi fantasmi (rinchiusi in cella) per crescere (la telefonata alla madre) e cambiare le cose (marciare in senso contrario dopo l’adunata).
Pubblicato il 11/12/2021 da KoreanWorld.it
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