








Dopo essere stata abbandonata da Jeong-ho (Lee Hak-joo), So-hyeon (Lee Min-ji) tenta il suicidio e viene salvata dal transessuale Jane (Koo Kyo-hwan). Quest’ultima la ospita in casa sua insieme ad altri giovani scappati di casa, tra cui Dae-po (Park Kang-sub), Jjong-goo (Kim Yeong-woo) e Ji-soo (Lee Joo-young). Anche Jane è stata abbandonata da Jeong-ho, e disperata, si suicida gettandosi dalla finestra. So-hyeon e gli altri ragazzi la seppelliscono. Ma forse la realtà è un’altra e So-hyeon sta solo fantasticando su che piega avrebbe preso la sua vita e quella degli altri in un contesto diverso.



Titolo Originale
꿈의 제인 (kkum-eui je-in)
Genere
Drammatico
Regia
Cho Hyun-hoon
Sceneggiatura
Cho Hyun-hoon, Kim So-mi
Interpreti
Lee Min-ji, Koo Kyo-hwan, Lee Joo-young, Park Kang-sub, Lee Suk-hyeong, Park Hyun-young, Park Kyung-hye, Kim Yeong-woo, Kim Hyeon-min, Park Hye-joon, Jo Kyeong-ah, Lee Hak-joo
Corea del Sud, 2016, 104′



Ambizioso ed elegante, il debutto alla regia di Cho Hyun-hoon affronta il tema della solitudine con uno stile narrativo enigmatico e surreale.
La voce narrante di So-hyeon accompagna due versioni della stessa storia che portano alla medesima conclusione, ovvero che l’infelicità sia una condizione esistenziale dell’essere umano. Se la seconda parte del film è probabilmente il resoconto di ciò che accade realmente nella vita della protagonista, tutta la prima parte sembra un parto della sua fantasia. Tuttavia il regista non pone alcuna demarcazione netta, avvalendosi di intuizioni quasi lynchane che confondono i due piani di un racconto ad ogni modo surreale. Protagonisti infatti sono dei giovani disadattati senza background che agiscono al di fuori delle convenzioni morali e sociali. E diverse scene di una parte sembrano richiamarne altre di segno opposto dell’altra, quasi come se una prendesse ispirazione dall’altra. E così ad esempio Jane sottolinea la buona creanza di dividersi una torta equamente, mentre i compari di Byeong-wook si dividono i risparmi di Ji-su come degli sciacalli.
Nella prima parte So-hyeon è ospite di Jane, simbolo di un matriarcato che si prende cura della sua prole. La fotografia luminosa e la scenografia accogliente infondono una serenità immalinconita da un epilogo tragico, allestito in modo che risulti comunque fiabesco. Tutt’altro discorso quando So-hyeon è ospite di Byeong-wook (Lee Suk-hyeong), padre aguzzino che tiene invece al guinzaglio “figli” sfruttati e abusati. Anche qui la fotografia (lugubre) e gli ambienti (fatiscenti) riflettono l’umore della sequenza, che stavolta però si esplica in un senso di disperazione senza via di scampo. E per di più l’epilogo, sempre lo stesso e sempre tragico, non ha però nulla di fiabesco.
So-hyeon racconta la sua storia, racconta bugie, ma che nascondono una verità, il malessere di chi prova a difendersi da un mondo che la relega nella solitudine e nell’infelicità.
Sa bene che non potrà mai andare a vivere con Ji-su perché quest’ultima vuole stare solo con sua sorella. E Jane (o la sua coscienza) le spiega che si sente il bisogno di stare con qualcuno perché la vita è uno schifo fin da quando si nasce e la felicità si gode solo in quei momenti in cui si ama una persona. Ma nessuno l’amerà mai veramente, perché lei per prima ama per essere ricambiata, e se ciò non avviene le soluzioni sono o il suicidio o una vita infelice.
Pubblicato il 20/11/2021 da KoreanWorld.it
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