


In Killed My Wife, Chae Jeong-ho (Lee Si-eon) è un disoccupato che si è appena separato dalla moglie Mi-yeong (Wang Ji-hye) a causa dell’alcol e dei debiti di gioco contratti con l’usuraia Kim So-jin (Seo Ji-young). Un mattino suona alla sua porta il tenente della polizia Choi Dae-yeon (Ahn Nae-sang) per interrogarlo sulla morte per omicidio della moglie. Una camicia e un coltello insanguinati lo pongono agli occhi del tenente come il principale sospettato. Ma Jeong-ho soffre di vuoti di memoria e non ricorda nulla della notte precedente. E dopo aver tramortito il tenente Choi, al fine di scagionarsi, cerca di recuperare la memoria indagando sugli eventi accaduti poco prima della morte della moglie.

Titolo Originale
아내를 죽였다 (a-nae-leul juk-yeoss-da)
Genere
Thriller
Regia e Sceneggiatura
Kim Ha-ra
Interpreti
Lee Si-eon, Ahn Nae-sang, Wang Ji-hye, Seo Ji-young, Kim Ki-doo, Lee Sung-woo, Kim Hong-pyo, Moon Da-eun, Lee Ju-jin, Kwon Hae-sung, Jung Do-hyun
Corea del Sud, 2019, 97′

Al suo esordio alla regia, Kim Ha-ra confeziona con Killed my Wife un thriller ironico e spietato che osa spingersi fino a vette di cinismo azzardate.
Fin dal prologo, che dissimula un accoltellamento dietro un’apparente amplesso e depista a livello narrativo, tutto non è come sembra. In seguito, attraverso continui flashback che accompagnano il recupero centellinato della memoria del protagonista, arriviamo a comprendere le ragioni che si celano dietro un’apparentemente banale separazione. Fino a provare addirittura empatia per un protagonista che pare inizialmente non proprio sconvolto all’apprendere la morte della moglie.
Dietro un probabile uxoricidio troviamo poi un desolante ritratto sociale in cui tutti hanno la loro razione di colpe. A cominciare da giovani figli di papà che sanno ammazzare tutto tranne il tempo. Per proseguire poi con proprietari di negozi e locali che trattano quei ragazzi come clienti adulti pur di guadagnare qualcosa. Per non parlare poi della polizia, corrotta e vincente in quanto tale.
Forse la responsabilità principale è da attribuire all’usuraia, rea di aver architettato il circolo vizioso scatenante l’omicidio. Se infatti da un parte si approfitta della debolezza di un uomo che cerca soldi facili dopo aver perso il lavoro, gettandolo nell’abisso della ludopatia e prestandogli soldi a strozzo per continuare a giocare, dall’altra obbliga la moglie a ripianare i debiti del marito, condannandola anche senza volerlo al suo destino.
Ma in fondo anche Jeong-ho può sentirsi in parte responsabile per aver mentito alla moglie per orgoglio e aver di conseguenza fatto cadere il primo tassello del domino. Il prologo iniziale può essere un sogno o un’inconscia ammissione di colpa. Soprattutto dopo lo sconcertante epilogo in cui un cinismo quasi simbolico e surreale prende il sopravvento, trasformando un’ipotesi di vendetta in un infernale patto con il diavolo.
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Pubblicato il 12/12/2020 da KoreanWorld.it
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