


In Squid Game Seong Ki-hoon (Lee Jung-jae) è disoccupato e impelagato nei debiti. Vive alle spalle dell’anziana madre, e presto dovrà dire addio alla figlia che si trasferirà in America con la madre e il patrigno. Dopo aver vinto alle corse dei cavalli, Ki-hoon viene scippato dalla transfuga nordcoreana Kang Sae-byeok (Jung Ho-yeon). Gli strozzini esigono che egli restituisca loro i soldi che gli hanno dato in prestito, e Ki-hoon trova un’ancora di salvezza in un uomo misterioso (Gong Yoo). Costui gli lascia un biglietto con un numero da chiamare per poter partecipare a un gioco che gli possa far vincere una somma tale da risolvere i suoi problemi. Ki-hoon accetta la proposta, e dopo essere stato narcotizzato, si ritrova in un luogo sconosciuto insieme ad altri nella sua stessa situazione.
Tra i partecipanti incontra il suo amico d’infanzia Jo Sang-woo (Park Hae-soo) e la borseggiatrice Sae-byeok. Inoltre solidarizza con l’anziano Oh Il-nam (Oh Young-soo) e l’immigrato pakistano Abdul Ali (Anupam Tripathi). Deve però guardarsi le spalle dal gangster Jang Deok-soo (Heo Sung-tae) e dall’opportunista Han Mi-nyeo (Kim Joo-ryung). Tutti loro sono comunque tenuti a partecipare a dei giochi d’infanzia coreani degli anni 70-80, se vogliono vincere il montepremi di 45,6 milioni di won.
Ma se solo uno alla fine potrà vincere l’intera posta in palio nell’ultimo gioco, quello del calamaro, il resto dei giocatori verrà eliminato, letteralmente.
Intanto Hwang Joon-ho (Wi Ha-joon), un agente di polizia, s’infiltra nell’organizzazione criminale che gestisce i giochi per ricercare il fratello disperso. Ma Frontman, colui a capo dell’organizzazione, intuisce la presenza dell’intruso e gli dà la caccia.

Titolo Originale
오징어 게임 (o-jing-eo ge-im)
Regia e Sceneggiatura
Hwang Dong-hyuk
Interpreti
Lee Jung-jae, Park Hae-soo, Oh Young-soo, Wi Ha-joon, Jung Ho-yeon, Heo Sung-tae, Anupam Tripathi, Kim Joo-ryung, Kim Young-ok, Park Hye-jin, Lee Byung-hun, Gong Yoo, Lee Yoo-mi
Corea del Sud, 2021, 9 episodi

Con grande sorpresa e inaspettatamente, Squid Game del regista di The Fortress e Miss Granny, Hwang Dong-hyuk, è diventata la serie più vista su Netflix a livello globale.
Parte di questo successo si deve a un’iconografia e a un immaginario sicuramente derivativi (Battle Royale di Kinji Fuksaku, le tute rosse di La Casa di Carta, il tema del gioco tra la vita e la morte della saga Saw). Ma il regista è abile nel non banalizzare troppo il contenuto (come accade purtroppo in La Casa di Carta). Inoltre non perde di vista il lato ludico del prodotto, preferendo divertire piuttosto che indugiare nell’horror (Saw), garantendosi un’ampia fascia di pubblico.
Un altro contributo al successo da non sottovalutare è un cast stellare ben assortito, con Lee Jung-jae a fare da mattatore. Attori di primo piano come Lee Byung-hun, Gong Yoo e Lee Yoo-mi poi, impreziosiscono il quadro con dei piccoli cameo che colgono di sorpresa.
Ma tornando al contenuto, a rendere interessante la serie è sicuramente il contesto socio-politico fondato sul capitalismo, criticato e analizzato in tutte le sue sfaccettature.
La Corea del Sud rappresentata è infatti un paese attanagliato da un debito pubblico e privato galoppante. Gli anziani sono costretti a lavorare, non potendo contare su pensioni comunque misere, gli immigrati vengono sfruttati, e le bolle dei mercati finanziari mandano gli investitori sul lastrico. Non stupisce quindi che anche chi fugga dalla Corea del Nord per respirare libertà, si ritrovi soffocata da un sistema avido e corrotto.
A beneficiare di questa situazione sono pochi eletti, quell’1% della popolazione mondiale che detiene la metà della ricchezza globale. Perennemente insoddisfatti e annoiati, costoro tracimano nel vizio e nell’edonismo sfrenato, tanto da anteporre il piacere e il divertimento alla vita stessa. Un divertimento infantile, che si riflette nella modalità dei giochi, e che appartiene a un’età innocente e spensierata, non ancora corrotta dalle diseguaglianze sociali.
Paradossalmente lo Squid Game cerca di riequilibrare queste diseguaglianze, ponendo tutti i suoi partecipanti sullo stesso piano, e garantendo al vincitore l’emancipazione da uno stato di necessità permanente. Tuttavia la posta in gioco è la vita stessa. Ma il dramma non è tanto la morte in sé, bensì il fatto che rinunciando al gioco si ritorni a bruciare nell’inferno della vita reale, dove, a differenza dello Squid Game, non c’è neanche l’utopia di una via d’uscita.
Ma vincere a tutti i costi, corrompendo la propria natura, è la soluzione ai propri problemi? O esiste un senso d’altruismo disinteressato che getta un barlume di speranza in un mondo abbacinato da una sfera di denaro?
Pubblicato il 11/10/2021 da KoreanWorld.it
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