


Il 26 Ottobre 1979, il direttore del Korean Central Intelligence Agency (KCIA) Kim Kyu-Pyeong (Lee Byung-Hun) uccide a colpi di pistola il Presidente della Corea del Sud Park Chung-hee (Lee Sung-Min).
40 giorni prima dell’omicidio, il precedente direttore del KCIA, Park Yong-Kak (Kwak Do-Won), testimonia contro il governo di Park durante un’udienza negli Stati Uniti. Kim Kyu-Pyeong e il capo della sicurezza del presidente, Kwak Sang-Cheon (Lee Hee-Joon), ingaggiano una sfida personale per eliminarlo.

Titolo Originale
남산의 부장들 (nam-san-eui bu-jang-deul)
Regia
Woo Min-ho
Sceneggiatura
Lee Ji-min, Woo Min-ho
Interpreti
Lee Byung-hun, Lee Sung-min,
Kwak Do-won, Lee Hee-joon,
Kim So-jin, Seo Hyun-woo,
Ji Hyun-joon, Park Sung-geun,
Park Ji-il, Lee Tae-hyung,
Kim Seung-hoon, Kim Hong-pa
Corea del Sud, 2018, 114′

A 14 anni da The President’s Last Bang di Im Sang-soo, il regista di Inside Men e Drug King, Woo Min-ho, torna sul luogo del delitto che ha più segnato la Storia della Corea Moderna, l’omicidio del Presidente/Dittatore Park Chung-hee (padre di Park Geun-hye, Presidente della Corea del Sud dal 2013 al 2017) per mano del suo fidato direttore dei servizi segreti (KCIA) Kim Jae-gyu (nel film Kim Kyu-Pyeong), in seguito condannato a morte per impiccagione. Dopo quell’episodio, che voleva determinare, per confessione dell’autore stesso dell’omicidio, la fine di un governo autoritario e oppressore dei diritti civili lungo 18 anni, la Corea del Sud subì un altro colpo di stato da cui scaturì il regime autoritario di Chun Doo-hwan, responsabile del massacro di Gwangju.
Basato sul romanzo verità “I Capi del KCIA” di Kim Choong-Sik, pubblicato a episodi dal 1990 al 1992 sul quotidiano The Dong-A Ilbo, il film ricostruisce con qualche libertà narrativa la vera storia riguardante la scomparsa dell’ex direttore del KCIA Kim Hyong-Uk (nel film Park Yong-Kak), che provocò nel mandante de suo omicidio e amico personale, un conflitto interiore che molto probabilmente portò al famoso “regicidio” del Presidente, di cui ancora oggi non è del tutto chiaro il movente. Se da un lato Kim Jae-gyu/Kim Kyu-Pyeong confessò dopo l’omicidio di Park Chung-hee di aver premuto il grilletto per ristabilire la democrazia in un paese governato da un uomo che non si faceva scrupoli a sedare le rivolte ammazzando uno o due milioni di cittadini con i carri armati, dall’altro lato il direttore dei servizi segreti viveva in uno stato di paranoia permanente, giustificato dal comportamento ambiguo del Presidente, tanto amichevole quanto pronto a caricare di responsabilità i suoi sottoposti, per poi redarguirli in ogni caso. A tal punto che Kim Kyu-Pyeong ordinò l’omicidio di un amico pur di non destare sospetti di sedizione nel Dittatore e fu costretto ad origliare da una parete i discorsi tra il Presidente e il suo rivale Kwak Sang-Cheon, poiché temeva complotti e attentati alla sua vita.
A tratteggiare in maniera superba il carattere complesso e inquieto di Kim Kyu-Pyeong è un Lee Byung-hun (Ashfall) che nasconde i propri turbamenti dietro la maschera dell’impassibilità. Emblematica la scena in cui scarica la propria rabbia per essere stato usato dal Presidente accartocciando un pacchetto di sigarette. Discorso a parte per l’attivissimo Lee Sung-min, ultimamente protagonista in numerose pellicole (The Beast, Mr. Zoo : The Missing Vip), che ricorda il Presidente Park perfino nei tratti somatici.
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Pubblicato il 05/06/2020 da KoreanWorld.it
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