

In Touch, l’istruttore di tiro a segno delle Scuole Medie Dong Sik (Yu Jun-sang) è un ex tiratore costretto a ritirarsi dalla squadra nazionale per via dei suoi problemi d’alcolismo. Dopo aver investito una sua alunna (Chae Bin) in seguito a una sbronza, finisce in prigione. Sua moglie Soo Won (Kim Ji-young), una badante di anziani e malati, si vede costretta a ricorrere a soluzioni estreme per risarcire la famiglia della ragazza.

Titolo Originale
터치 (teo-chi)
Genere
Drammatico
Regia
Min Byeong-hoon
Sceneggiatura
Lee Si-ho, Min Byeong-hoon
Interpreti
Kim Ji-young, Yu Jun-sang, Kim Ji-young, Yoon Da-kyung, Lee Seung-yeon, Jang Jeong-won, Kim Gi-seung, Chae Bin, Son Hee-soon, Seong Joon-seo, Kim Do-sik, Baek Su-ryeon
Corea del Sud, 2012, 99′

Dopo la trilogia sulla paura (Flight of the Bee, Let’s Not Cry e Pruning the Grapevine), Min Byeong-hoon inizia nel 2012 con Touch la sua trilogia sulla vita, che proseguirà nel 2015 con Love Never Fails e si concluderà nel 2017 con The Designer.
In questo primo capitolo, protagonista è una coppia in cui ognuno dei componenti cerca di sistemare le cose e agire moralmente, ma viene ostacolato da una società insensibile e ipocrita. Sia chiaro, squarci di umanità si intravedono. Come nel caso del padre di Chae-bin (e della stessa ragazza), che è disposto a perdonare senza condizioni. O come nel caso del prete, non indifferente alla sincera richiesta di aiuto di una rea confessa Soo Won, che lo esorta ad assumersi le responsabilità che il suo ruolo impone. Per il resto però, i due coniugi s’imbattono l’uno in un sistema scolastico che esige il massimo nei risultati sportivi, al di là della missione educativa, e l’altra in un sistema sanitario e assistenziale disumano, che ignora il soccorso agli indigenti, pretendendo da loro l’estinzione dei debiti contratti.
Ovviamente la dicotomia tra i due personaggi e l’ambiente sociale in cui si muovono non è così semplicistica e manichea.
È pur vero infatti che Dong Sik è prima di tutto vittima delle sue scelte. Per quanto resista alla tentazione di bere in un contesto di relazioni sociali che comunque lo obbliga a venir meno ai suoi propositi di astinenza, ripiomba nella malattia che lo ha estromesso dalla nazionale e da un lavoro sicuro. E seppur in preda agli effluvi dell’alcol e al panico, è colpevole per non aver soccorso Chae-bin dopo averla investita. Anche Soo-won ha i suoi scheletri nell’armadio. Accetta ad esempio di affidare anziani ad una casa di riposo, per conto di figli che la pagano per liberarsi del peso di prendersi cura dei propri genitori. E arriva perfino a cedere alle molestie di un anziano allettato, più per disperazione che per misericordia.
Ed è proprio in ciò che risiede il fascino di Touch, nell’esplicitare la complessità nel giudizio morale. Entrambi i protagonisti soccombono a profferte sessuali per uscire da una situazione disperata. Perfino la devianza di un ragazzo in età puberale passa in secondo piano rispetto a un contesto socio-familiare degradante che la foraggia. E un’apparente diniego al soccorso di un bambino investito ci sembra quasi normale alla fine, nella sua assurdità. Soprattutto dopo aver assistito per quasi tutto il film a un’inosservanza pressoché totale del giuramento di Ippocrate.
Ma in un contesto così cinico e desolante qualcosa resiste. Ovvero, l’assumersi le proprie responsabilità cercando di rimediare ai propri errori. E come un cerbiatto che preferisce avvicinarsi al cacciatore che lo investe, piuttosto che fuggire, girandosi dall’altra parte, ci si riappropria di un lato umano e caritatevole.
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Pubblicato il 05/12/2020 da KoreanWorld.it
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