

Olimpiadi di Seul del 1988. Il regista Im Kwon-taek documenta i momenti salienti dell’evento commentando dettagli e valenze storico-culturali con la voce narrante di Kim Young-Oak.

Hand in Hand del gruppo Koreana è la canzone ufficiale dei XXIV Giochi Olimpici di Seul e dà anche il titolo al documentario sulle Olimpiadi dell’88 del maestro Im Kwon-taek, che come il suo collega Kon Ichikawa in Tokyo Olympiad del 1965, mostra gli atleti intenti a gareggiare nelle loro rispettive discipline, concentrandosi sul significato delle olimpiadi e sulle sue contraddizioni.
Con un intervista al giornalista sportivo australiano Harry Gordon, ex corrispondente di guerra durante la Guerra di Corea, e immagini di repertorio, Im presenta per mezzo di un prologo il passato tormentato dalla guerra del paese ospitante, che si appresta ad organizzare una manifestazione simbolo di pace e fratellanza tra i popoli. Nonostante l’ovvia assenza della Corea del Nord, Seul ospitò paesi che nelle precedenti due olimpiadi (Mosca e Los Angeles) avevano boicottato la loro presenza per ragioni politiche dovute a una guerra fredda che proprio in quegli anni si stava avviando al disgelo. Im, regista di un paese formalmente ancora in guerra, pone l’accento sull’indissolubilità del legame tra guerra e pace, espressa nel dualismo del taeguk della bandiera coreana, in cui gli opposti coesistono mantenendo un equilibrio. Ricorda inoltre come ironicamente questa manifestazione celebri la pace pur preservando molte discipline che traggono la loro origine dalle tecniche e dalle armi usate in battaglia, confermando che guerra e pace coesistano tra loro.
Tra detti di Lazo Tzu e cerimonie d’apertura e chiusura, si dipanano alcuni eventi su cui Im concentra il suo interesse: la vittoria dell’Unione Sovietica a pallacanestro grazie al medico statunitense che cura l’infortunio del giocatore della squadra rivale; la squalifica di Ben Johnson per doping; la “donna di ferro”, la tedesca Drechsler, battuta in due discipline diverse dalle cognate Joyner; Mary Decker Slaney che partecipa sconsolata ai suoi ultimi giochi olimpici dopo aver saltato quelli di Mosca per il boicottaggio statunitense e essere caduta in quelli di Los Angeles insieme alla sua rivale, la sudafricana Zola Budd, a cui non può chiedere la rivincita per il boicottaggio del Sudafrica; il dominio del Kenya nel mezzofondo; il tennis che torna come sport olimpico dopo 64 anni; la prima vittoria in 68 anni della Gran Bretagna nell’hockey, poiché è uno sport praticato più nelle sue colonie che in madrepatria. Carl Lewis e Edwin Corley Moses che perdono col sorriso contro i rispettivi discepoli Joe deLoach e Andre Phillips; la vittoria nei 100 metri farfalla di Anthony Nesty del Suriname, il primo atleta di colore a vincere una medaglia d’oro nel nuoto; l’oro più giovane nei 200 metri dorso femminile della quattordicenne ungherese Krisztina Egerszaigi; Il maratoneta vietnamita Nguyen Van Thuyet che taglia per ultimo il traguardo e testimonia col suo sorriso la presenza di un altro paese dilaniato dalla guerra come la Corea. E mentre risuona l’inno italiano per la sapiente vittoria di Gelindo Bordin nella Maratona, si chiudono i ventiquattresimi giochi olimpici di Seul, che passa la torcia a Barcellona per i giochi del 92.
Titolo Originale
손에 손잡고 (Son-e Son Japgo)
Genere
Documentario, Sportivo
Regia
Im Kwon-taek
Fotografia
KOREA FILM PRODUCTION CENTER,
KOREAN SOCIETY OF CINEMATOGRAPHICS
Montaggio
Park Soon-duk
Musiche
Kim Chung-gil
Corea del Sud, 1989, 119′

Altri film di Im Kwon-taek presenti su KoreanWorld:
Wangsimni
Genealogy
Mismatched Nose
Mandala
Village of Haze
Kilsodeum
Ticket
Surrogate Mother
Sopyonje
The Tae Baek Mountains
Festival
Chunhyang
Raging Years
Beyond the Years
Hanji
Pubblicato il 01/08/2020 da KoreanWorld.it
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.