


In Minority Opinion, i residenti di un palazzo di un quartiere popolare in via di demolizione, resistono allo sfratto coatto imposto da un piano di riqualificazione urbana. Tra loro vi è anche Park Jae-ho (Lee Kyung-young), che durante gli scontri con la polizia, uccide l’agente Kim Hee-taek (No Young-hak). A difendere l’imputato nel processo a suo carico è l’avvocato d’ufficio Yoon Jin-won (Yoon Kye-sang), che nota subito incongruenze nelle indagini.
Innanzitutto Jae-ho sostiene di aver aggredito il poliziotto per difendere suo figlio Sin-woo (Choi Su-han), morto in seguito a un colpo infertogli da Hee-taek. Ma il ragazzo risulta essere stato ucciso da Kim Soo-man (Kim Hyung-jong), un addetto agli sgomberi della ditta appaltatrice del piano di riqualificazione. Tuttavia la testimonianza di Soo-man, che confessa di aver ucciso Sin-woo, risulta poco credibile. Inoltre il pubblico ministero Hong Jae-deok (Kim Eui-sung), che rappresenta lo Stato contro Jae-ho, secreta i verbali delle indagini.
Con l’aiuto dell’amico avvocato Dae-seok (Yoo Hae-jin) e della giornalista Soo-kyeong (Kim Ok-vin), Jin-won cerca di scardinare un muro di gomma che coinvolge addirittura l’ufficio del Presidente nell’insabbiamento della verità sul caso.

Titolo Originale
소수의견 (so-soo-eui-gyeon)
Genere
Courtroom Drama
Regia
Kim Seong-je
Sceneggiatura
Kim Seong-je, Son Aram
Interpreti
Yoon Kye-sang, Yoo Hae-jin, Kim Ok-vin, Lee Kyung-young, Kim Eui-sung, Oh Yeon-ah, Kim Jong-soo, Kwak Min-suk, Park Kyu-chae, Kim Hyung-jong, Ahn Sang-woo, Um Tae-goo, Jang Gwang
Corea del Sud, 2013, 127′

Courtroom drama con una narrazione serrata, e alfine affatto consolatorio, Minority Opinion si ispira all’incidente di Yongsan, in cui il 20 gennaio 2009, 40 inquilini vennero sfrattati dalle loro case a causa di un progetto di riqualificazione urbana
L’evento innescò rivolte in cui persero la vita cinque dimostranti e un agente di polizia, e che portarono alla ribalta la questione abitativa. Minority Opinion non cerca però di dare voce alla causa dei manifestanti. Certo, si accenna ai luoghi adibiti ai senzatetto in occasione delle Olimpiadi per “nasconderli” agli occhi del mondo, per poi sfrattarli nei successivi piani di riqualificazione urbana. Ma è piuttosto l’immunità del potere ad interessare Kim Seong-je, che traspone cinematograficamente il romanzo dello scrittore Son Aram.
Per quanto Park Jae-ho ottenga attenuanti che gli alleggeriscano la pena da scontare, la sua colpevolezza non è in discussione. La pietra dello scandalo su cui si sviluppa il processo, e di riflesso il film, è piuttosto l’omicidio del figlio, e tutto ciò che ne consegue per nasconderne la causa.
A distruggere prove e mettere bastoni tra le ruote a Jin-won e socio è sì un magistrato che alla fine cerca di accentrarsi tutto il “merito” per un fantomatico sacrificio istituzionale. Ma ciò non toglie che a depistare fin dall’inizio è l’Ufficio della Presidenza in persona, che distoglie l’attenzione sul caso, dando illegittimamente in pasto alla stampa la foto di un serial killer. Il governo, estensione della polizia che si è macchiata dell’atto criminoso, convince perfino un uomo ad addossarsi colpe non sue, pur di salvare la faccia.
Il percorso processuale dei difensori di Park si fa conseguentemente impervio. Non mancano inoltre passi falsi, come quando Soo-kyeong reclama il diritto di informare i suoi lettori, compromettendo però il lavoro degli avvocati. E questi ultimi non lesinano ingenuità grossolane, pagando illecitamente un testimone. Ad ogni modo, dopo arringhe vinte con l’evidenza di prove e testimonianze schiaccianti, Hong Jae-deok la fa franca, ottenendo semplicemente un’altra posizione.
Ma a passarla liscia è soprattutto un potere politico che non ha mai pagato e non pagherà mai, nonostante siano lampanti le responsabilità sul caso.
E così, come l’amico avvocato di Dae-seok era stato perseguitato dalla polizia perché aveva partecipato ai movimenti di democratizzazione, così i piani di riqualificazione urbana possono continuare.
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Pubblicato il 25/09/2022 da KoreanWorld.it
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