


In On The Line, Seo-joon (Byun Yo-han), dopo aver lasciato la polizia, lavora come caposquadra in un cantiere edile. Mentre sta salvando un muratore che rischia di cadere da un’impalcatura, sua moglie Mi-yeon (Won Jin-ah) riceve la chiamata di un avvocato di nome Hyun-su. Costui la informa che il marito è responsabile della morte del muratore, e che per salvarlo dalle accuse deve trasferire una somma ingente su un conto. In realtà il muratore è vivo e Mi-yeon, come tutti i lavoratori del cantiere, ha subito un attacco di voice phishing da parte di un’organizzazione criminale.
Disperata, Mi-yeon vaga per strada e, in seguito ad un incidente, finisce in ospedale. Deciso a far chiarezza sull’accaduto e a recuperare il denaro sottratto alla moglie e ai suoi compagni di lavoro, Seo-joon intraprende la sua indagine personale. Dopo aver conquistato la fiducia di un intermediario, l’ex poliziotto riesce a infiltrarsi nell’organizzazione criminale, che ha sede a Shenyang. Lì scopre che dietro le truffe di voice phishing si nasconde un call center organizzato dallo spietato Kwak (Kim Mu-yeol).

Titolo Originale
보이스 (bo-i-seu)
Sceneggiatura
Bae Young-ik
Interpreti
Byun Yo-han, Kim Mu-yeol, Kim Hee-won, Park Myung-hoon, Lee Joo-young, Jo Jae-yun, Won Jin-ah, Choi Byung-mo, Son Jong-hak, Min Sung-wook, Son Byung-ho, Ki Joo-bong, Cha Soon-bae
Corea del Sud, 2021, 109′

Con On the Line I gemelli Kim tornano al cinema di genere, non disdegnando sottili denunce a una cyber security perforabile e a un capitalismo corruttore.
Fin dal loro esordio con Capitalist Manifesto: Working Men of All Countries, Accumulate!, Kim Gok e Kim Sun hanno optato per un cinema militante e sperimentale. On the Line rappresenta l’eccezione, o semplicemente un altro modo di fare cinema, più accessibile al grande pubblico. Tuttavia i due registi prendono spunto da un tema spinoso dei nostri tempi, come il voice phishing, per riflettere sulla natura corruttrice dell’individualismo capitalista. Di questa malattia ne é di certo esente il protagonista, senza macchia e senza paura.
Seo-joon, oltre ad essere poco interessante, appare anche poco credibile.
Se da una parte, il suo cambio di lavoro serve alla sceneggiatura per svelare man mano le sue abilità segrete e giustificare il suo senso di responsabilità sociale e solidarietà umana verso i suoi colleghi, dall’altra manifesta una certa debolezza nella scrittura. Non si comprende infatti per quale motivo un poliziotto particolarmente dotato debba abbandonare una promettente carriera nell’arma per rincorrere promozioni da manovale. Non regge nemmeno la scusa della pericolosità del lavoro da agente di polizia, visto che è lo stesso film a presentarci i rischi che corrono i muratori.
Ad ogni modo Seo-joon rappresenta con il suo senso del dovere privato (recuperare i soldi della moglie) e pubblico (recuperare i soldi dei suoi compagni di lavoro) l’esatto opposto degli innumerevoli villain che si alternano sullo schermo. A cominciare da Kwak, per cui la felicità si raggiunge sfruttando le speranze e le paure del prossimo, turlupinandolo tramite una finta empatia. Ma tutti più o meno sembrano mossi da arrivismo individualista e menefreghista. Gli operatori del call center ad esempio, numerati come i giocatori di Squid Game, non nascondono la loro euforia dopo aver guadagnato la somma di una vita a discapito di poveri malcapitati. Ma a colpire più di tutti è il giovane che tradisce il protagonista, simbolo di un’innocenza traviata dall’impellenza di riscattarsi da uno stato di necessità, anche a costo di rinnegare la propria umanità.
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Pubblicato il 15/05/2022 da KoreanWorld.it
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