


In Hellbound, Jeong Jin-soo (Yoo Ah-in), fondatore dell’organizzazione religiosa “Nuova Verità”, allerta il mondo su un fenomeno che si sta sempre più verificando. Accade infatti che un angelo profetizzi a chiunque (secondo Jin-soo a chi pecca) il giorno della propria morte. Giunto il momento della dipartita, tre demoni appaiono dal nulla per condannare l’anima del malcapitato all’inferno, lasciando dietro solo una carcassa carbonizzata. Per la Nuova Verità ogni punizione divina deve essere ripresa e diffusa, al fine di convincere gli essere umani a non peccare più.
Ma le cose precipitano quando i fanatici della Punta di Freccia usano violenza contro i sedicenti peccatori chiamati dall’angelo e divulgano online le loro identità, come nel caso di Park Jeong-ja (Kim Shin-rok). Nel proteggere lei e i suoi figli dalla furia cieca e giustizialista della Nuova Verità e della Punta di Freccia, il detective Jin Kyeong-hoon (Yang Ik-june) e l’avvocata Min Hye-jin (Kim Hyun-joo) finiscono per attirarsi l’ostilità di una popolazione irretita dalla tesi di Jin-soo, e per pagarne le conseguenze.
Quattro anni dopo, la Nuova Verità diventa un’istituzione e le punizioni divine sono all’ordine del giorno.
Tuttavia il caso di un neonato che riceve la visita dell’angelo potrebbe minare l’autorità dell’organizzazione religiosa fondata da Jin-soo, poiché un neonato non può peccare. Bae Yeong-jae (Park Jung-min) e Song So-hyeon (Won Jin-ah), padre e madre del bambino, si rivolgono a Hye-jin per provare a salvare il loro pargolo. Ma tutto quello che può offrire loro l’avvocata è lo smascheramento delle false teorie sul peccato della Nuova Verità tramite la dimostrazione pubblica della morte del figlio.

Titolo Originale
지옥 (ji-ok)
Regia
Yeon Sang-ho
Sceneggiatura
Choi Kyu-sok, Yeon Sang-ho
Interpreti
Yoo Ah-in, Park Jung-min, Kim Hyun-joo, Won Jin-ah, Yang Ik-june, Kim Do-yoon, Kim Shin-rok, Ryu Kyung-soo, Lee Re, Kim Kyu-baek, Jeon Jung-il, Park Sang-hoon, Won Mi-won, Nam Jin-bok
Corea del Sud, 2021, 6 episodi

Tratto dall’omonimo webtoon ad opera dello stesso regista, Hellbound trae spunto da un fenomeno inspiegabile per descriverne un altro ben più infernale, che ha la sua genesi nel momento in cui si tenta di dare un senso all’ignoto, anziché affrontarlo con gli strumenti della ragione.
Anticipato da un hype giustificato dalla fama del regista, esplosa con lo zombie movie Train to Busan, Hellbound sconta forse l’uscita posticipata rispetto a serie simili come Sweet Home e soprattutto Squid Game, che ha fagocitato inaspettatamente tutto l’interesse mondiale verso la serialità coreana. Della prima serie, Yeon Sang-ho riprende l’effettistica (anche se con risultati piuttosto deludenti) e l’aura di mistero intorno al fenomeno paranormale. Mentre per quanto riguarda la seconda, vip mascherati e paganti osservano le punizioni divine, analogamente a quanto accade nella serie di Hwang Dong-hyuk.
Ma le affinità con Squid Game non finiscono qui.
Si pensi ad esempio a Park Jeong-ja, che baratta la propria vita per una montagna di soldi da lasciare ai propri figli. Inoltre anche Hellbound si pregia di sottotesti politico sociali che inducono a riflettere sulla realtà contemporanea, coreana o globale che sia. Innanzitutto c’è l’influenza che i nuovi media possono avere sulla diffusione di teorie complottistiche, fake news e dati sensibili. Il guru della Punta di Freccia, un istrionico Nam Jin-bok, avvia gogne mediatiche e alimenta la sete di giustizialismo di una massa abbagliata da suggestioni apocalittiche. Ed è una deriva difficile da arginare quando la legge fatica a rendere giustizia per un eccesso di garantismo. Lo sa bene Hee-jeong (Lee Re), che trova nella vendetta l’unico sollievo a un senso di colpa inemendabile a causa di una giustizia iniqua.
La strategia della Nuova Verità è quella di costituire un’improbabile società esente dal peccato.
E nel farlo mitizza i suoi teorici, tanto che l’affresco di Jin-soo pare un prodotto artistico del regime di Pyongyang. Inoltre infonde paura nei suoi adepti con metodi coercitivi, e financo squadristi. Come i totalitarismi, fa leva sulle debolezze di sistema e sull’insofferenza della gente per realizzare progetti utopici, slegati dalla realtà e dal buonsenso.
L’impianto di Yeong Sang-ho è teoricamente interessante, ma scricchiola quando a peccare sono gli stessi fustigatori della morale come i seguaci della Punta di Freccia. Lo stesso Jin-so si rende colpevole di atti inequivocabilmente esecrabili. Poco convincenti poi sono le motivazioni dietro il voltafaccia dello streamer, o le giustificazioni contro l’accettazione del peccato originale, inserite per meri motivi di sceneggiatura.
Il finale dipana un mistero ma ne apre un altro, dando appuntamento a una seconda stagione che pone ancor più interrogativi. Lascia inoltre un sospiro di sollievo sul destino dei protagonisti, annullando così però quel brutale cinismo che pareva contraddistinguere la serie.
Pubblicato il 23/11/2021 da KoreanWorld.it
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